giovedì 28 aprile 2016

Treviso, colletta per la gita scolastica, ma è una truffa casa per casa di un gruppo di studenti

Indagini a tappeto delle forze dellʼordine che però non sono riuscite a risalire ai colpevoli. La scuola ha avviato un percorso di sensibilizzazione collettiva nelle classi: finora è ruscito

Colletta per la gita scolastica, ma è una truffa casa per casa di un gruppo di studenti

Alcuni studenti delle scuole medie di Ponzano (Treviso) si sono improvvisati abili truffatori. Gli alunni hanno fatto una colletta casa per casa per la raccolta di fondi per la gita scolastica che a causa dei tagli rischiava di non essere fatta, ma non era vero. Quando una delle persone a cui i giovani si sono rivolti si è recata all'Istituto per richiedere spiegazioni i prof sono rimasti di sasso. E' stata così avviata un'indagine che però non ha portato a nulla.

"La scuola non ha mai autorizzato iniziative del genere - ha detto al Gazzettino la preside Sandra Messina - abbiamo subito denunciato l'accaduto alla Polizia locale segnalandolo al Comune e alle famiglie, in via cautelativa".

"I provvedimenti devono essere personali. E qui non si conoscono gli autori del fatto - ha sottolinea la dirigente scolastica - in casi del genere si mettono a punto attività che coinvolgano tutti. Come scuola abbiamo l'onere di fare prevenzione e di formare cittadini. In base a questa funzione educativa, quindi, abbiamo avviato un percorso di sensibilizzazione nelle classi al rispetto delle norme e della buona cittadinanza".


cronache criminali

Bologna, cambia sesso ma viene discriminata sul posto di lavoro

A Marco, impiegato di una piccola azienda, oggi Rossana dopo lʼoperazione, viene vietato di vestirsi da donna. La vicenda finirà in Tribunale

Bologna, cambia sesso ma viene discriminata sul posto di lavoro

A 44 anni Marco è diventato Rossana, grazie a un intervento chirurgico e alla legge che in Italia permette di cambiare sesso. Ma, nell'azienda nel Bolognese, dove da 6 anni lavora come impiegato, da sette mesi viene messa in atto una discriminazione nei suoi confronti. A Rossana viene impedito di vestirsi da donna e così la vicenda diventa un caso giudiziario.

In orario d'ufficio, dunque, Rossana non può indossare abiti femminili; è stata inoltre sottoposta a una visita dal medico aziendale ed è stata dispensata da mansioni che prevedevano contatti con consulenti esterni: insomma, con il cambio di sesso, la sua vita professionale si è trasformata in un incubo. E per difendersi dalle discriminazioni alle quali viene sottoposta e difendere i suoi diritti si è dovuta rivolgere a un avvocato.


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Pavia, divorziano e ora lui paga gli alimenti anche per il cane

Crescono i casi in cui i giudici si trovano a dover decidere della sorte degli animali dopo la separazione dei padroni

Pavia, divorziano e ora lui paga gli alimenti anche per il cane

Due quarantenni residenti nella Bassa pavese, decidono di separarsi. Si dividono il mutuo, la casa, l'auto, ma il cane a chi va? Si rivolgono così agli avvocati, come si fa quando di mezzo ci sono dei figli, per decidere con chi debba andare a vivere Lulù, una golden retriver di quattro anni, La sentenza definitiva? L'ex moglie terrà il cane, ma l'ex marito dovrà versare il mantenimento anche alla cagnolina. Potrà comunque vederla quando vuole, accordandosi telefonicamente con la ex.

Sempre più casi in Italia - Storie di cani contesi e di alimenti "in scatola" da pagare come sentenza vuole. Questo caso in provincia di Pavia non è il primo, e non sarà neanche l'ultimo. Se non ci sono figli, sempre di più i coniugi, aspiranti ex, si disputano i beni e persino l'affidamento del cucciolo di casa. Per gli avvocati non è più una novità. A Milano come a Roma, tanto al nord quanto al sud, si litiga e si discute sulle sorti degli animali. I giudici, ormai stabiliscono orari di visita, rette mensili, obblighi di assistenza e cura.


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Roma, lʼuntore dellʼAids sapeva di essere malato da dieci anni: 33 le vittime contagiate

Lʼuomo contattava le ragazze via chat e pretendeva da loro rapporti non protetti. Avrebbe mostrato un certificato falso


Valentino T., l'uomo colpevole di aver contagiato 33 donne con l'Aids e chiamato negli scorsi mesi "l'untore", da dieci anni sapeva di essere sieropositivo. La conferma è arrivata dalla sua cartella clinica dell'ospedale Spallanzani di Roma, dove era in cura. Dal 2006 l'indagato era consapevole di aver contratto il virus dell'HIV ma nonostante ciò adescava e incontrava le ragazze, pretendendo da loro rapporti non protetti.

Gli inquirenti hanno definito il comportamento del 30enne romano criminale e superficiale, una pervicace malafede che ha trascinato in un abisso le ragazze che ha incontrato.

Dal giorno del suo arresto molte donne si sono presentate in Procura con l'angoscia di aver contratto il virus perché avevano conosciuto in chat quel ragazzo che sembrava così gentile.

Valentino si era addirittura spacciato per sano con una di loro, mostrandole un falso certificato via Whatsapp per ingannarla. Questa condotta ha portato gli inquirenti ad aggiungere l'aggravante dei futili motivi.

L'unico scopo dell'untore era il proprio appagamento sessuale, senza curarsi minimamente per la salute delle donne. La ricerca di partner via chat era quotidiana. Con alcune ha avuto storie più lunghe, ma contemporaneamente le tradiva con altre ragazze.

"Anche se verrà condannato noi non guariremo mai. Non aveva il diritto di scegliere per noi", dice una di loro. E tra le vittime sono spuntati anche due uomini, contagiati dalle loro compagne ignare di aver contratto la malattia.


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Roma, compra una bottiglietta dʼacqua al bar e beve: è in pericolo di vita

Lʼuomo, 58enne, è stato trasportato in codice rosso allʼospedale Pertini: lesioni severe dalla lingua fino al duodeno

Roma, compra una bottiglietta d'acqua al bar e beve: è in pericolo di vita

Un uomo di 58 anni è in pericolo di vita per aver bevuto da una bottiglietta d'acqua forse contenente acido acquistata poco prima in un bar di Roma. E' accaduto nel quartiere Prenestino. Soccorso dal 118 mentre si trovava su una panchina e trasportato in codice rosso all'ospedale Pertini, avrebbe rimediato severe lesioni dalla lingua fino al duodeno. Sulla vicenda sono in corso indaginie la polizia che ha sequestrato la bottiglia di acqua minerale.

Dalla bottiglietta d'acqua, a quanto si apprende, emergeva un forte odore di acido. Il 58enne è ricoverato nel reparto di Rianimazione e i medici si sono riservati la prognosi.


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Aggredì Berlusconi, Tartaglia è libero: Non è più pericoloso

Ora lavora part time per una cooperativa: è addetto alla manutenzione del verde

Aggredì Berlusconi, Tartaglia è libero: "Non è più pericoloso"

Massimo Tartaglia, l'uomo che nel dicembre del 2009 aggredì a Milano Silvio Berlusconi, colpendolo al volto con una statuetta del Duomo, è libero. Lo ha deciso il giudice del Tribunale di sorveglianza del capoluogo lombardo, Giovanna Di Rosa, che ha revocato la libertà vigilata in quanto si ritiene sia venuta meno la pericolosità sociale dell'uomo.

Il lavoro in una cooperativa - Il perito elettrotecnico, da sempre seguito dall'avvocato Daniela Insalaco, dopo un percorso che ha comportato prima le cure in una comunità terapeutica, poi il ritorno a casa con la frequenza del Centro psicosociale della zona in cui vive per proseguire l'iter riabilitativo, ora lavora part time per una cooperativa: è addetto alla manutenzione del verde.

Totalmente libero - L'uomo, accusato di lesioni pluriaggravate nei confronti dell'ex premier, era stato assolto dal gup Luisa Savoia nel giugno del 2010 perché totalmente incapace di intendere e volere. Il giudice allora aveva applicato la misura di sicurezza della libertà vigilata affidandolo allo psichiatra responsabile della comunità riabilitativa in cui si trovava agli arresti domiciliari con il solo divieto di partecipare a manifestazioni. Nel novembre del 2011 ritornò a casa ma sempre in regime di libertà vigilata e con l'obbligo di frequentare il Cps. Da tempo Tartaglia sta bene e da oggi è totalmente libero.


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Pisa, bambina di tre anni trovata senza vita in casa

I carabinieri hanno sequestrato alcuni oggetti nel monolocale in cui viveva la bimba

Pisa, bambina di tre anni trovata senza vita in casa

Una bambina di tre anni è morta Calambrone, in un appartamento del litorale pisano. Sul posto sono intervenuti i carabinieri insieme al personale del 118. Le cause del decesso non sono ancora chiare. Sul corpo della piccola vi sarebbero segni. La bimba viveva insieme alla madre e al compagno di lei. La donna è sudamericana; l'uomo, serbo, è stato portato in caserma e sentito da carabinieri. Entrambi hanno 33 anni.

I carabinieri hanno sequestrato alcuni oggetti nel monolocale in cui viveva la bimba con la mamma e il compagno di lei. L'abitazione in cui la piccola è morta è ricavata da un esercizio commerciale dismesso, lontano da altre abitazioni, privo di allacciamento alla corrente elettrica. All'arrivo di soccorritori ed investigatori il corpo della piccola era a terra.

Madre sotto shock - La madre della piccola è stata ricoverata in ospedale in stato di shock. L'allarme è stato dato dalla donna che ha chiamato il 118 perché la bambina stava male. I medici hanno solo potuto constatare il decesso della bambina. La donna, in attesa di un altro figlio, ed il convivente avevano allacciato una relazione recentemente attraverso i social network.


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mercoledì 6 aprile 2016

Pagarono sicari per uccidere anziano: arrestati la figlia e il genero

Pagarono sicari per uccidere anziano: arrestati la figlia e il genero

Avevano pagato due persone per uccidere a coltellate il 74enne Luciano Pancaldi così da intascarne l'eredità: la figlia e il genero della vittima e i due aggressori, che agirono la sera del 19 novembre a Vignola, nel Modenese, sono stati arrestati dai carabinieri. Per tutti l'accusa è di concorso in tentato omicidio aggravato dalla premeditazione. I sicari sarebbero stati pagati 10mila euro ciascuno per uccidere l'anziano.


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Eroina tagliata con paracetamolo: carabinieri scoprono tre raffinerie

Eroina tagliata con paracetamolo: carabinieri scoprono tre raffinerie

I carabinieri di Bergamo hanno arrestato diverse persone dopo aver scoperto tre raffinerie di eroina, una nella Bergamasca, una in Veneto e una in Puglia. In manette sono finiti italiani e stranieri, residenti anche in Liguria, Emilia Romagna e Umbria. I militari hanno sequestrato svariati chili di eroina tagliata con il paracetamolo, principio attivo della Tachipirina, per camuffare la scarsa qualità dello stupefacente.


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Morti sospetti in ospedale a Piombino, la procura ora vuole riesumare otto corpi

Sotto accusa lʼinfermiera Fausta Bonino, 55 anni, accusata di omicidio. Lei si proclama innocente


Non si fermano le indagini sulle 13 morti sospette nel reparto di rianimazione dell'ospedale di Piombino (Livorno). Per i decessi è stata arrestata l'infermiera Fausta Bonino. La procura ha annunciato, infatti, l'intenzione di chiedere la riesumazione di otto corpi per avere la conferma della presenza di eparina o di altri farmaci usati per uccidere.

Difesa richiede i domiciliari - La difesa di Fausta Bonino ha chiesto lunedì al termine dell'interrogatorio di garanzia davanti al gip, nel carcere di Pisa, l'applicazione degli arresti domiciliari per la sua assistita. "Meglio i domiciliari - ha spiegato il legale - C'è rischio per la sua incolumità visto che il clamore mediatico di questa vicenda ha determinato la condanna unanime dell'opinione pubblica nei suoi confronti".

"Giuro sui miei figli che sono innocente", aveva detto la Bonino durante 'interrogatorio davanti al gip nel carcere di Pisa. Il Nas sta sentendo in questi giorni familiari, parenti e amici delle vittime e tutte le persone potenzialmente informate sui fatti. A Piombino i parenti di alcune vittime si stanno coordinando per dare mandato ai propri avvocati per seguire la vicenda.


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Lite mortale a Napoli, padre strangola il figlio e poi si fa arrestare

Lʼallarme è stato lanciato dalla moglie dellʼomicida. La vittima aveva 42 anni

Lite mortale a Napoli, padre strangola il figlio e poi si fa arrestare

Un uomo ha strangolato il figlio durante una lite in famiglia in serata a Napoli. E' successo in uno stabile al numero 45 di via Castaldi e Sequino, a Pianura. A chiamare i carabinieri è stata la moglie dell'omicida. Sul posto è giunta prima una pattuglia della polizia che ha arrestato l'uomo che si trovava in stato di shock. La vittima aveva 42 anni.

Massimiliano Avagliano, di 42 anni, ha perso la vita per opera di suo padre Santo, di 67 anni, che è stato fermato dagli agenti della polizia. Il delitto è avvenuto all'interno dell'abitazione della famiglia, al quinto piano dello stabile. A dare l'allarme è stata la moglie di Santo Avagliano che al pronto intervento ha detto. "Correte, c'è stata una disgrazia".

I primi ad accorrere sono stati gli agenti di polizia in servizio nella zona di Pianura. All'arrivo in casa i poliziotti hanno trovato Massimiliano Avagliano già morto e il padre in stato di shock. L'uomo è stato bloccato ma si è subito mostrato collaborativo. Massimiliano Avagliano - secondo gli elementi raccolti finora - viveva in casa con il padre e la madre. La polizia sta facendo indagini per ricostruire i motivi della lite.


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Un anonimo scrive a Repubblica: Ecco chi ha ucciso Giulio Regeni

Secondo lʼautore, che si dice membro della polizia segreta egiziana, a dare lʼordine fu il generale Khaled Shalabi, ma sarebbero coinvolti anche il ministro dellʼInterno Magdy Abdel Ghaffar e il presidente Al Sisi

Un anonimo scrive a Repubblica: "Ecco chi ha ucciso Giulio Regeni"

Un anonimo, che si dice membro della polizia segreta egiziana, ha inviato al quotidiano "la Repubblica" diverse mail accusando i vertici egiziani per la morte di Giulio Regeni. Le missive, che svelano tre dettagli delle torture inflitte al ricercatore italiano mai resi pubblici e conosciuti solo dagli inquirenti italiani, sono state acquisite dalla Procura di Roma proprio all'indomani del vertice tra investigatori italiani ed egiziani.
Secondo l'autore delle mail, "l'ordine di sequestrare Giulio Regeni è stato impartito dal generale Khaled Shalabi, capo della Polizia criminale e del Dipartimento investigativo di Giza. Fu Shalabi, prima del sequestro, a mettere sotto controllo la casa e i movimenti di Regeni e a chiedere di perquisire il suo appartamento insieme ad ufficiali della Sicurezza nazionale. Fu Shalabi, il 25 gennaio, subito dopo il sequestro, a trattenere Regeni nella sede del distretto di sicurezza di Giza per 24 ore".

E proprio il nome di Shalabi viene fatto anche da fonti al Cairo de La Stampa, secondo cui l'Egitto intende "sacrificare" il generale (già condannato nel 2003 da un tribunale di Alessandria per aver torturato a morte un uomo e falsificato i rapporti della polizia, ma reintegrato dopo la sospensione della sentenza) nel nome dei buoni rapporti con l'Italia.

L'anonimo informatore di Repubblica, nelle sue mail, descrive anche ciò che accadde dopo il sequestro di Regeni: nella caserma di Giza, Giulio "viene privato del cellulare e dei documenti e, di fronte al rifiuto di rispondere ad alcuna domanda in assenza di un traduttore e di un rappresentante dell'Ambasciata italiana", viene picchiato una prima volta. Chi lo interroga "vuole conoscere la rete dei suoi contatti con i leader dei lavoratori egiziani e quali iniziative stessero preparando".

Quindi tra il 26 e il 27 gennaio "per ordine del ministro dell'Interno Magdy Abdel Ghaffar", Regeni viene trasferito "in una sede della Sicurezza nazionale a Nasr City". Tre giorni di torture non vincono la sua resistenza, e allora il ministro dell'Interno decide di investire della questione "il consigliere del presidente, il generale Ahmad Jamal ad-Din, che, informato Al Sisi, dispone l'ordine di trasferimento dello studente in una sede dei Servizi segreti militari a Nasr City perché venga interrogato da loro".

Seguono torture sempre più violente fino alla morte del ricercatore italiano. Giulio allora "viene messo in una cella frigorifera dell'ospedale militare di Kobri al Qubba, sotto stretta sorveglianza e in attesa che si decida che farne. La decisione viene presa in una riunione tra Al Sisi, il ministro dell'Interno, i capi dei due servizi segreti, il capo di gabinetto della Presidenza e la consigliera per la Sicurezza nazionale Fayza Abu al Naja".

"Nella riunione - conclude la mail inviata a Repubblica - venne deciso di far apparire la questione come un reato a scopo di rapina a sfondo omosessuale e di gettare il corpo sul ciglio di una strada denudandone la parte inferiore. Il corpo fu quindi trasferito di notte dall'ospedale militare di Kobri a bordo di un'ambulanza scortata dai Servizi segreti e lasciato lungo la strada Cairo-Alessandria".


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venerdì 1 aprile 2016

Salerno, carabiniere uccide il padre 73enne dopo una lite in auto

L'uomo, arrestato dai colleghi, non ha opposto alcuna resistenza e ora è accusato di omicidio

Salerno, carabiniere uccide il padre 73enne dopo una lite in auto

Un sottufficiale dei carabinieri di Catania ha ucciso il padre dopo una lite in auto. I due hanno avuto un violento diverbio mentre erano nei pressi del casello autostradale di Mercato San Severino (Salerno): il militare (43 anni) ha estratto l'arma e ha sparato contro il padre 73enne. L'uomo è stato arrestato dai colleghi senza opporre alcuna resistenza.

Il sottufficiale, in servizio nella compagnia Piazza Dante di Catania, era in licenza e non aveva dato segni di tensione prima della partenza.


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Orrore a Capaccio: uccide moglie e figlio neonato, poi s'impicca in bagno

Il macabro ritrovamento in una palazzina nel Salernitano. I corpi della donna e del bambino sono stati dati alle fiamme. L'uomo poi si sarebbe tolto la vita


Macabro ritrovamento in una palazzina a Capaccio (Salerno), in località Torre del Mare. I carabinieri hanno scoperto i cadaveri carbonizzati di una donna e di un bambino di pochi mesi e il corpo di un uomo, tutti romeni, impiccato in bagno. Su quello che sembra essere un duplice omicidio e suicidio stanno indagando i militari. E' stato un vicino di casa, allarmato dalle fiamme che uscivano dall'appartamento, a dare l'allarme.

In origine si pensava che nella palazzina fosse scoppiato soltanto un incendio. Una volta domate le fiamme, invece, sono stati scoperti i cadaveri. La donna e il bambino si trovavano nella stanza da letto.


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Bertone: lavori attico pagati da me

Legale: "Mai rivolto al Bambino Gesù"


Il cardinale Tarcisio Bertone "ribadisce di non aver mai dato indicazioni, o autorizzato, la fondazione Bambino Gesù ad alcun pagamento per l'appartamento da lui occupato". Lo afferma in una nota il legale del prelato, l'avvocato Michele Gentiloni Silveri, dopo l'inchiesta aperta in Vaticano sui finanziamenti per la ristrutturazione. "Il cardinale - chiarisce ancora l'avvocato - ha pagato personalmente l'importo richiesto".


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Alessandria, abusi su 13enne, un arresto

Minacce per farla tacere


Avrebbe abusato in più occasioni della giovanissima vicina di casa, una 13enne con un parziale deficit mentale. Con questa accusa è stato arrestato ad Ovada, in provincia di Alessandria, un uomo di 45 anni. Stando a quanto emerso, approfittando delle condizioni della ragazzina, l'uomo portava la 13enne nella propria abitazione o in luoghi isolati, minacciandola di non dire nulla né ai genitori né a chiunque altro.


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Milano, l'ergastolo dorato del boss Cavorsi: degenza da 3 mln in 15 anni

Il numero uno della Sacra Corona Unita, costretto su una sedia a rotelle, sconta la sua condanna per tre omicidi all'ospedale Niguarda di Milano: camera doppia uso singola, Tv, cellulare, visite...


E' un ergastolo dorato quello che sta scontando da 15 anni Francesco Cavorsi, boss della Sacra Corona Unita, condannato alla massima pena per tre omicidi commessi negli anni '90. Da tre mesi il mafioso è tornato all'ospedale Niguarda di Milano, che era stato costretto a lasciare nel 2014, dopo 13 anni di degenza e in seguito allo scandalo scoppiato intorno alla sua "particolare" detenzione. Ora, di nuovo, si trova in una camera doppia uso singola, con tv, cellulare, nessun piantonamento e visite di parenti e amici, per un costo di 700 euro al giorno che in 15 anni di pena sono diventati 3 milioni e mezzo di euro a carico dello Stato.

Quando nel 2014 scoppiò lo scandalo del boss in ospedale a 700 euro al giorno, perché incompatibile per motivi di salute alla vita carceraria ma libero di fare ciò che voleva, anche la politica si mobilitò e così si trovò un'altra sistemazione, meno dispendiosa per lo Stato: una casa popolare. 

Ma, da tre mesi, Cavorsi è tornato nella sua stanza del Niguarda, mentre si batte cassa: da quindici anni pesa sul bilancio nazionale per 235mila euro l'anno, tre milioni e mezzo di euro.


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Piombino, l'infermiera killer: Io capro espiatorio, cercano un colpevole

La donna dal carcere di Pisa dice di essere innocente. Ma la testimonianza del figlio di una paziente e le intercettazioni la inchiodano

Piombino, l'infermiera killer: Io capro espiatorio, cercano un colpevole

Dal carcere di Pisa Fausta Bonino, l'infermiera killer arrestata per l'uccisione di 13 persone all'ospedale Villa Marina di Piombino, dice di non essere colpevole: "Avevano bisogno di un capro espiatorio, un colpevole - riporta il Corriere della Sera -. E' toccato a me". Nell'inchiesta è emerso poi che al figlio di una paziente, che ha sporto denuncia, prima di allontanarlo mentre somministrava l'eparina alla madre, affermava: "Così almeno dorme".

"Cremano una donna morta? Meglio" - In alcune intercettazioni spuntano altre conversazioni con colleghe infermiere, in cui Fausta Bonino sembra voler depistare le indagini, cercando pretesti per autoescludersi e suggerendo che il responsabile dei decessi potesse essere un estraneo che aveva le chiavi ed entrava nel reparto di nascosto. In un'altra frase intercettata però è molto nervosa e sbotta: "Vedrai mi fregano, domani mi mandano in galera". E poi: "Cremano una donna morta? meglio per noi".

La 55enne ora è accusata di omicidio premeditato, continuato e aggravato dalla crudeltà.

La testimonianza che la inchioda - E' stata la denuncia del figlio di una delle vittime a dare una svolta alle indagini che hanno portato all'arresto di Fausta Bonino. Due settimane dopo la morte della madre, avvenuta nel 2015, l'uomo ha presentato un reclamo nel quale descriveva di "aver assistito, intorno alle 19.10 del giorno del decesso, alla iniezione nel braccio della madre di un liquido trasparente da parte di un'infermiera" che "lui stesso - scrivono gli inquirenti - in sede di riconoscimento fotografico individuerà nella Bonino". Nel fare l'iniezione alla donna, "l'infermiera aggiungeva testualmente: 'Almeno così dorme'", prima di allontanare l'uomo dalla stanza. Poco più di un'ora dopo morirà.


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