lunedì 28 settembre 2015

Arzachena, la Preside non molla: Con piercing non si entra a scuola

Anche lunedì chi si presenterà ai cancelli con piercing non entrerà in classe. I genitori sono pronti a dare battaglia


Arzachena, la Preside non molla: Con piercing non si entra a scuola


Non fa passi indietro Fabiola Martini, la Preside dell'Istituto Alberghiero di Arzachena, in Sardegna, al centro delle polemiche dopo che ha vietato l'ingresso in classe a uno studente con un piercing. Anche lunedì impedirà l'accesso alla scuola agli studenti che avranno orecchini o acconciature poco sobrie: "Li aspetterò personalmente ai cancelli e lascerò fuori chi non rispetta le regole" ha avvertito. I genitori sono pronti a dare battaglia.

La Preside resta sulle sue posizioni e rilancia la battaglia per il decoro. Nessuna concessione, quindi, a piercing e orecchini o acconciature particolari. Alla ripresa delle lezioni dopo il week end, potrebbe rimanere fuori più di uno studente. Intanto, il padre di Mattia Carbini, il 18enne lasciato fuori dalla scuola per il suo look venerdì, ha sporto denuncia ai carabinieri.


cronache criminali

Roma, turisti inglesi si tuffano nudi nella fontana: denunciati

Si sono spogliati e tuffati nella fontana delle Naiadi e hanno fatto il bagno. I passanti hanno chiamato il 113

Roma, turisti inglesi si tuffano nudi nella fontana: denunciati

All'alba di domenica sei turisti inglesi, 4 uomini e 2 donne, si sono spogliati e tuffati nella fontana delle Naiadi al centro di piazza della Repubblica, a Roma. Nonostante l'ora in molti hanno assistito alla scena, per poi avvertire il 113. Sul posto è arrivata una pattuglia del Commissariato Viminale. I turisti, visibilmente ubriachi, sono stati denunciati per atti osceni in luogo pubblico e sanzionati per essersi immersi nella fontana.

Gli agenti hanno trovato i sei turisti, di età compresa tra i 25 e i 49 anni, intenti a farsi un bagno senza curarsi degli spettatori che in poco tempo si erano fermati a guardare la scena. I turisti erano ubriachi e sono stati invitati a uscire e a coprirsi. Gli inglesi sono stati denunciati per atti osceni in luogo pubblico e sono stati multati.


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Cuneo, vendemmia con gli amici: multato per lavoro nero

Dovrà sborsare quasi 20mila euro il pensionato che a Castellinaldo d'Alba aveva chiamato quattro suoi amici per raccogliere l'uva dei suoi filari. L'indignazione del sindaco: "Qui non c'è caporalato, ci si aiuta"

Cuneo, vendemmia con gli amici: multato per lavoro nero

Doveva essere un allegro giorno di festa come nelle migliori tradizioni contadine del Piemonte, invece si è trasformato in quello più brutto per un pensionato di Castellinaldo d'Alba (Cuneo) che si è ritrovato 20mila euro di multa da sborsare. Questo per aver invitato quattro suoi amici a vendemmiare nel suo podere, non più di un ettaro di vigne tra barbera e nebbiolo. Un blitz dell'ispettatorato del lavoro ha rovinato la giornata: l'accusa di lavoro nero e 3.900 euro di ammenda per ogni presente. "Qui in campagna ci si aiuta, non è caporalato", è la difesa del sindaco del paese. "Abbandonerò tutto, perché non serve lavorare tanto per questi risultati", commenta il contadino-pensionato a La Stampa.

Eppure quelle vigne appartengono alla famiglia del pensionato da almeno 70 anni e il giorno della vendemmia è tradizionalmente così: si chiamano gli amici quando l'uva è matura e si raccoglie ancora a mano, senza macchinari, come una volta.

"Ad un certo punto siamo stati letteralmente circondati da carabinieri e funzionari dell'ispettorato del lavoro - racconta uno dei presenti a La Stampa - Ci hanno chiesto i documenti e hanno redatto un verbale di denuncia di lavoro nero". 

"Non siamo un paese in cui vige il caporalato - risponde indignato il sindaco Giovanni Molino - Qui la gente si aiuta, si spacca la schiena tra le vigne, su queste colline. E' assurdo che un uomo che porta avanti pochi filari da solo, con grande sacrificio, sia considerato un evasore". 

Con la multa in tasca di quasi 20mila euro (3.900 per ogni presente considerato un lavoratore irregolare) il pensionato e i suoi amici si dovranno presentare a Cuneo, nella sede dell'ispettatorato del lavoro, per ribadire la loro posizione.


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Parma, percosse a bimbi di tre anni: maestra d'asilo nido ai domiciliari

La 55enne era solita insultare, schiaffeggiare e dare calci ai piccoli

Parma, percosse a bimbi di tre anni: maestra d'asilo nido ai domiciliari

Un'educatrice di 55 anni è stata arrestata e posta ai domiciliari con l'accusa di maltrattamenti verso i bambini di un asilo nido di Collecchio, in provincia di Parma. Secondo gli inquirenti, la donna era solita insultare, schiaffeggiare e dare calci ai piccoli, tutti di età inferiore ai tre anni. Le indagini, iniziate a maggio a seguito a una denuncia, hanno permesso di documentare ingiurie e percosse.

Il Gip, su richiesta della procura di Parma dopo un'inchiesta dei carabinieri di Sala Baganza, ha portato i militari della compagnia di Salsomaggiore Terme a eseguire l'ordinanza di custodia cautelare della donna.


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Poliziotto ferito a Napoli, parla il 27enne arrestato: Sono io quello che cercate

L'interrogatorio del pregiudicato Raffaele Rende è durato tutta la notte. Dopo è scattato il trasferimento al carcere di Secondigliano

Poliziotto ferito a Napoli, parla il 27enne arrestato: Sono io quello che cercate

"Sono io quello che cercate". Sono queste le poche parole che Raffaele Rende, pregiudicato di 27 anni, ha detto agli agenti che sabato sera lo hanno arrestato a Napoli per aver ferito il poliziotto Nicola Barbato con un colpo di pistola. L'uomo è stato rintracciato in un un appartamento di San Giovanni a Teduccio dopo due giorni di caccia all'uomo. Dopo un lungo interrogatorio, Rende è stato trasferito nel carcere di Secondigliano.

Raffaele Rende è accusato di duplice tentativo di omicidio, estorsione aggravata, detenzione e porto abusivo di arma, tutti reati aggravati dalle modalità mafiose. Quattro persone, in qualche modo collegate alla fuga di Rende, oggetto da giovedì sera di una sfrenata caccia all'uomo, sono state denunciate dalla polizia in stato di libertà per favoreggiamento.


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Reggio Calabria, 11enne svela i segreti della 'ndrangheta

Figlio di un mafioso arrestato, conosce i clan. Dopo che la madre ha deciso di collaborare, ha detto di voler raccontare quel che sa agli inquirenti

Reggio Calabria, 11enne svela i segreti della 'ndrangheta

E' solo un bambino di 11 anni, ma fa tremare mafiosi e potenti di Reggio Calabria e non solo. Ora che la madre, pochi mesi dopo che i carabinieri avevano arrestato il marito, ha deciso di collaborare con la giustizia, anche lui, malgrado l'età, potrebbe dare il suo contributo. Anzi, lo sta già facendo, riempiendo verbali su verbali davanti al sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria Giulia Pantano.

"Certo che so cosa fa un mafioso, è uno spacciatore, spara, è normale... Nel paese ho sentito parlare di 'ndrangheta da tutti, pure i miei amici grandi", dice Nicola (nome di fantasia) agli inquirenti.

E' stato abituato, dice Repubblica, a maneggiare pistole sin da quando era piccolo piccolo, sa bene cos'è la droga e come si chiede il pizzo. Il suo era un destino segnato, sarebbe diventato uno di loro, un picciotto delle 'ndrine. Nicola è il figlio maggiore di Gregorio Malvaso, 37 anni, capo della cosca di San Ferdinando, arrestato ad ottobre dell'anno scorso dai carabinieri nell'ambito dell'operazione Eclissi.

E' per "salvare" lui e i suoi fratelli da un destino indirizzato verso la criminalità che Nicola ha deciso di diventare il "pentito" più giovane della storia. Da quando sua madre ha deciso di collaborare con la giustizia, il piccolo non ha risparmiato nulla e ha rivelato (e sta rivelando) tutto ciò che sa: dai nomi dei membri del clan alla divisione dei ruoli, dai "giri" con la cosca alle partite di droga, fino alla consegna della sua scheda telefonica utilizzata in passato anche dal padre.


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Pontedera, le asportano utero e ovaie, ma era sana: risarcimento da 45mila euro

Dopo 10 anni una 66enne di Collesalvetti (Livorno) ha deciso di chiedere i danni all'Asl 5 e ai medici Virgilio Facchini e Orlando Goletti

Le asportano utero e ovaie, ma era sana: risarcimento da 45mila euro

Al Santa Chiara le diagnosticarono un tumore all'utero, ma sconsigliarono l'intervento, eseguito al Lotti di Pontedera. Salvo poi scoprire che l'asportazione di utero e ovaie era stata inutile. Protagonista di questa vicenda di malasanità è una 66enne di Collesalvetti, che ha deciso di chiedere i danni all'Asl 5, all'Azienda ospedaliera pisana e ai professori Virgilio Facchini e Orlando Goletti. Ottenendo ragione, ma forse non ancora giustizia.

Il Tribunale civile, giudice Marco Viani, in primo grado ha dato ragione alla paziente condannando le due aziende e i docenti a risarcirle un danno fissato in circa 45mila euro, ricorda il Tirreno. Le parti hanno già fatto appello contro la sentenza.

La storia risale alla fine del 2005 e arriva fino all'agosto 2006 nelle sue tappe cliniche. Dopo una serie di accertamenti nell'aprile 2006, il professor Facchini, allora direttore di Ostetricia e Ginecologia del Santa Chiara, diagnostica un carcinoma da trattare con la rimozione dell'utero. In realtà la donna era affetta da una patologia infiammatoria cronica.

L'intervento le era stato sconsigliato, ma la paziente, preoccupata dalla diagnosi, ha deciso di rivolgersi a un altro specialista: Orlando Goletti, all' epoca direttore della chirurgia generale del Lotti di Pontedera. Si procede all'operazione. Ma dagli esami citologici effettuati sugli organi asportati, si evince che i reperti erano di natura benigna: "riferibili a patologia infiammatoria cronica e non a eteroplasia", si legge nella sentenza.


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Catania, genitori turchi sequestrano figlia occidentale: fermati

Hanno finto un incidente per il fratellino per far tornare con l'inganno la 18enne. Poi l'hanno drogata e picchiata

Catania, genitori turchi sequestrano figlia "occidentale": fermati

Per fare tornare in Turchia la loro figlia 18enne, nata e vissuta in Italia, che non voleva vivere seguendo loro usi e costumi, due genitori hanno finto che il fratellino della giovane avesse avuto un grave incidente. Poi l'hanno drogata, rapinata e sequestrata da familiari, su ordine, secondo l'accusa, del padre e della madre, per impedirle di tornare in Italia. I due sono stati fermati dalla polizia di Catania.

Dopo la segnalazione di alcuni amici della 18enne, gli agenti hanno avviato indagini e con la collaborazione dell'Interpol e del Consolato italiana hanno liberato la 18enne, che è tornata in Italia.

La storia è stata ricostruita dalla squadra mobile della questura che su disposizione della Procura di Siracusa ha fermato i genitori della 18enne, il padre di 40 anni e la madre di 36 anni, che vivono e lavorano in Sicilia, per sequestro di persona, rapina aggravata e stato di incapacià procurato mediante violenza, commessi in concorso con altri soggetti ancora da identificare.


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venerdì 25 settembre 2015

Schettino ricorre in appello contro la condanna a 16 anni: Pena esagerata

La difesa dell'ex comandante: "I giudici sono incorsi in gravi errori. Sono convinto che la sentenza sia sbagliata". La Procura invece chiede di inasprire la pena

Schettino ricorre in appello contro la condanna a 16 anni: "Pena esagerata"

La difesa di Francesco Schettino ha presentato il ricorso alla Corte d'appello di Firenze contro la sentenza con cui il tribunale di Grosseto ha condannato l'ex comandante della Costa Concordia a 16 anni per il naufragio e i morti all'Isola del Giglio. "I giudici sono incorsi in gravi errori - ha detto il legale Saverio Senese -. Sono convinto che la sentenza sia sbagliata e la pena esagerata. Ho chiesto l'assoluzione".

"In una sentenza che mi permetto di considerare sbagliata - ha aggiunto -, valuto la pena inflitta a Schettino (16 anni, ndr) come profondamente esagerata, e chiedo che il comandante sia assolto". "Bisogna smettere di considerare Schettino in base a un pregiudizio negativo che si è affermato contro di lui - ha ribadito il legale - facendolo diventare capro espiatorio di inefficienze ed errori ascrivibili ad altri".

Il ricorso della Procura e del Codacons - Nei giorni scorsi la Procura di Grosseto e alcune parti civili hanno presentato alla Corte d'appello di Firenze i propri ricorsi, ma per motivi opposti e diversi a quelli di Schettino: i pm ritengono insufficiente la condanna inflitta al comandante, avendo chiesto 26 anni di carcere, mentre alcune parti civili, fra cui il Codacons e il pool legale "Giustizia per la Concordia", nei loro ricorsi evidenziano presunte, maggiori responsabilità della compagnia di navigazione Costa Crociere Spa nel contesto dei soccorsi ai naufraghi e dell'organizzazione della nave Concordia.


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Bullismo, scherzi crudeli alle matricole sul bus della scuola: otto denunciati

Forlì-Cesena, gli studenti più giovani venivano obbligati a viaggiare in piedi, a dare testate contro i vetri e a ripulire i finestrini sporchi di sputi

Bullismo, scherzi crudeli alle matricole sul bus della scuola: otto denunciati

Otto studenti (sette minori) sono stati denunciati per gli atti di bullismo che compivano su sei matricole, residenti a Modigliana (Forlì-Cesena), sull'autobus che giornalmente li trasportava fra casa e scuola, a Faenza. I sei venivano obbligati a viaggiare in piedi, a dare testate contro i vetri nel tentativo di bloccare una monetina, a ripulire i finestrini sporchi di sputi e a camminare lungo il corridoio con addosso numerosi giubbotti.

A far partire le indagini le segnalazioni di alcuni genitori delle vittime che hanno notato lo strano comportamento dei figli, con perdita del sonno ed evidenti timori ad andare a scuola.

Sono così scattati i controlli dei carabinieri in borghese del comando forlivese, che hanno potuto verificare come gli otto bulli avessero trasformato l'autobus nel luogo delle loro quotidiane angherie nei confronti dei più giovani. 

Gli otto denunciati (un 18enne, cinque di 17 anni e due di 16) dovranno rispondere di atti persecutori e violenza privata in concorso.


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Cassazione: Tenere il 41bis a Provenzano per farlo sopravvivere

Il boss mafioso ricoverato in regime di sicurezza al San Paolo di Milano. "In un normale reparto sarebbe a rischio sopravvivenza", scrivono i giudici

Cassazione: "Tenere il 41bis a Provenzano per farlo sopravvivere"

Le condizioni di salute di Bernardo Provenzano sono "gravi" ma se lasciasse il ricovero in regime di 41bis - presso l'ospedale S. Paolo di Milano in camera di sicurezza - per andare in un reparto ospedaliero comune, sarebbe a "rischio sopravvivenza", per la "promiscuità" e le cure meno dedicate. Lo sottolinea la Cassazione confermando il regime duro per il criminale di Cosa Nostra.

Una situazione clinica precaria - Le patologie di cui soffre l'ex capo di Cosa Nostra - condannato all'ergastolo - sono "plurime e gravi di tipo invalidante", rileva la Cassazione, accennando al grave decadimento cognitivo, ai problemi dei movimenti involontari, all'ipertensione arteriosa, a una infezione cronica del fegato, oltre alle conseguenze degli interventi subiti da Provenzano per lo svuotamento di un ematoma da trauma cranico, per l'asportazione della tiroide e per il tumore alla prostata. 

A fronte di questa situazione, la difesa di Provenzano ha fatto ricorso alla Suprema Corte contro il ricovero nella camera ospedaliera di massima sicurezza - convalidato dal Tribunale di sorveglianza di Milano lo scorso tre ottobre - chiedendo che l'anziano boss di 83 anni, ormai giace sempre "allettato", sia spostato ai domiciliari in un reparto di lungodegenza del San Paolo, dove c'è un settore per curare i detenuti "ordinari". 

Ma la Cassazione ha trovato corretto il verdetto di merito dato che Provenzano "risponde alle terapie". Questo significa che il "peculiare regime" detentivo è compatibile "con le pur gravi condizioni di salute accertate" e poi - aggiunge la Suprema Corte - c'è il "rischio per la stessa possibilità di sopravvivenza del detenuto" se "la prosecuzione della sua degenza" avvenisse "nel meno rigoroso regime della detenzione domiciliare", sempre in ospedale, perché avverrebbe "in un contesto di promiscuità in cui l'assistenza sanitaria non gli potrebbe essere assicurata con altrettanta efficacia". 

Al 41bis per ricevere cure migliori
 - In conclusione, i supremi giudici - sentenza 38813 depositata dalla Prima sezione penale - hanno ritenuto corretta la decisione del Tribunale di sorveglianza" fondamentalmente incentrata sulla necessità di tutelare in modo adeguato il diritto alla salute del detenuto". In pratica, l'applicazione del 41bis per Provenzano non appare più motivata in considerazione della sua pericolosità, nè del rischio che possa mandare "messaggi" all'esterno. Il regime di massima sicurezza è diventato, a quanto pare, una modalità necessaria per curare meglio l'uomo che per decenni è stato il ricercato "numero uno" e che ora è inerte e incosciente.


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Parentopoli, Ama: ok ai licenziamenti Roma, via dipendenti assunti nel 2008

Pugno duro dell'azienda municipalizzata per l'ambiente. Secondo i magistrati, nel caso delle 41 assunzioni, "molti degli assunti erano legati a rapporti di parentela o affinità con esponenti politici"

Parentopoli, Ama: ok ai licenziamentiRoma, via dipendenti assunti nel 2008

Il Cda di Ama, l'azienda municipalizzata di Roma per l'ambiente, su proposta del presidente Daniele Fortini, ha deliberato di procedere al licenziamento dei dipendenti assunti nel 2008 a chiamata diretta tuttora in organico (37 su 41) e di 23 autisti anch'essi assunti nel 2008. La sentenza della "Parentopoli" in Ama ha portato, il 27 maggio, alla condanna dell'ex a.d. Franco Panzironi a 5 anni e 3 mesi di reclusione.

Non si tratta di una "vendetta politica ma di ristabilire legalità e giustizia", Soddisfatti in Campidoglio. Proprio poco tempo fa il sindaco Ignazio Marino si era espresso sul tema, insistendo per mandare via i dipendenti entrati in azienda "non per merito ma per chiamata diretta". 

A dire addio al posto in ufficio nella municipalizzata che si occupa di rifiuti a Roma anche 23 autisti. "Erano stati giudicati inizialmente inidonei - ha spiegato Fortini -. Per il Tribunale invece dolosamente hanno avuto, attraverso una correzione dei punteggi, l'idoneità che ha permesso loro di essere assunti". Ma i sindacati hanno avvertito: "Non esistono licenziamenti collettivi, ci saranno ricorsi". 

Secondo i magistrati, nel caso delle 41 assunzioni, avvenute tra il 2008 e il 2009, "come appurato dalla pg - si legge nelle motivazioni della sentenza - molti degli assunti erano legati a rapporti di parentela o affinità con esponenti politici o persone a costoro vicine ed erano espressione del volere, per nulla trasparente, dell'amministratore delegato". Tra gli assunti oltre a quello che sarebbe poi diventato il genero dell'ex ad Franco Panzironi, il figlio del responsabile della segreteria di Alemanno, la figlia del caposcorta di quest'ultimo e almeno altre sei persone vicine ad ambienti della politica locale romana.


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Brescia, 12enne travolto da treno

E' ricoverato in gravissime condizioni

Brescia, 12enne travolto da treno

Un ragazzino di 12 anni è stato travolto da un treno nella stazione di Bagnolo Mella, nel Bresciano. Il giovane è stato trasportato d'urgenza in ospedale dove è ricoverato in gravissime condizioni. A causa dell'incidente, sono stati segnalati ritardi di 2 ore sulla linea ferroviaria.


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Napoli, poliziotto in borghese ferito durante una sparatoria

L'agente era nella sua auto. E' stato colpito alla spalla e al collo: le sue condizioni sono state definite serie. Panico tra la gente in un'ora di punta e in una strada tra le più frequentate del quartiere

Napoli, poliziotto in borghese ferito durante una sparatoria

E' di un poliziotto ferito il bilancio di una sparatoria fra le forze dell'ordine e alcuni malviventi a Napoli, nel quartiere Fuorigrotta nei pressi della stazione della Cumana. L'agente era in abiti civili insieme ad alcuni colleghi. La sparatoria è avvenuta in un'ora di punta in via Leopardi, dove sono arrivate numerose volanti. Panico tra la gente.

Ancora tutta da chiarire la dinamica dell'episodio. Gli uomini erano in servizio, probabilmente in una operazione antiestorsione. L'auto della polizia, senza contrassegni - una Fiat Panda ultimo modello - era stata parcheggiata lungo la strada: quello che era un appostamento degli agenti, sulle tracce di uno o più malviventi, si è trasformato in sparatoria.

Non è chiaro se i poliziotti siano intervenuti per bloccare un'aggressione, una rapina o per altri motivi. Inevitabile il panico tra i passanti, molti provenienti o diretti alla stazione. Il poliziotto ferito - colpito da un proiettile al collo e uno alla spalla - è stato subito trasportato nel vicino ospedale San Paolo, per poi essere trasferito al Cardarelli. E' vigile ed è stato sottoposto a Tac ed altri esami. Le sue condizioni sono definite serie.

Numerose auto della polizia e un elicottero sono stati fatti giungere in zona, per braccare i fuggitivi. La Scientifica sta lavorando sul luogo della sparatoria. Alcuni proiettili hanno raggiunto anche il muro della stazione della Cumana. Un aiuto importante alle indagini potrebbe venire dalle riprese degli impianti di videosorveglianza di alcuni negozi della zona.


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Roma, giornalista romeno aggredito dai finti centurioni del Colosseo

Il video di Christian Sabbagh, mandato in onda durante il telegiornale di Kanal D di Bucarest e diventato virale via Web, mostra il tentativo di truffa davanti al simbolo della Capitale e l'intervento dei vigili

Roma, giornalista romeno aggredito dai finti centurioni del Colosseo

Non certo un bel biglietto da visita per Roma il video trasmesso durante il telegiornale dal Kanal D di Bucarest, in Romania. In onda è andato il reportage di un celebre giornalista romeno, Christian Sabbagh, a tu per tu con i finti centurioni che davanti al Colosseo fanno foto-ricordo con i turisti. Lo stesso Sabbagh, che ha poi postato il tutto anche sulla sua pagina Facebook, ha provato l'esperienza, facendosi però spillare 100 euro. Ha quindi dovuto chiedere, dopo minacce e ingiurie da parte dei costumanti, l'intervento della polizia municipale. Invano.

Il video viene ripreso in Italia attraverso i canali social di "Roma fa schifo": l'eco della parola "scandalo" rimbalza così da Bucarest alla Capitale.

La troupe di Kanal D, durante il suo servizio turistico su Roma, non rinuncia a documentare la tradizione della foto con gli antichi centurioni romani. Fin qui tutto bene, tra risate e battute. 
I problemi nascono al momento del pagamento: non bastano più 30 euro; gli uomini in costume, vedendo il portafoglio del giornalista gonfio di banconote, pretendono 100 euro e lo afferrano dalle sue mani. Minacciano il cameraman che riprende tutto e i presenti con frasi e gesti scurrili; alla fine, dietro proteste e insistenze dei turisti romeni, si accontentano di 50 euro.

Il giornalista aggredito dice loro di chiamare la polizia, finché non arriva un'auto della Municipale. Gli agenti, informati dell'accaduto in inglese, non hanno che da rispondere in italiano: "Tanto non succede niente se non fai denuncia". E i centurioni continuano impuniti il loro "lavoro" tra le migliaia di turisti che affollano quei luoghi storici di Roma.

Amara la chiosa del conduttore del Tg dopo la messa in onda del servizio: "Se una cosa del genere fosse successa in Romania vi assicuro che quei poliziotti sarebbero stati licenziati. In tronco".
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Aldrovandi, a dieci anni dalla morte il padre dice: Non è stata fatta piena giustizia

A Ferrara musica, parole e immagini per ricordare Federico. Il 25 settembre 2005 aveva 18 anni quando ha subito un controllo di polizia che gli è costato la vita

Aldrovandi, a dieci anni dalla morte il padre dice: Non è stata fatta piena giustizia

Federico Aldrovandi oggi avrebbe 28 anni. Esattamente 10 anni fa, il 25 settembre 2005, il giovane, allora 18enne, stava tornando a casa a Ferrara quando ha subito un controllo di polizia che gli è costato la vita. Tre anni e sei mesi le condanne per gli agenti. "Le sentenze sono state molto dolci, le accetto ma non credo sia stata fatta piena giustizia", dice il padre, Lino Aldrovandi. "Chi ha ucciso mio figlio non merita di indossare una divisa".

Aldrovandi, a dieci anni dalla morte il padre dice: Non è stata fatta piena giustizia

Le percosse - Federico era in evidente agitazione psicomotoria, ha calciato a vuoto contro gli agenti che invece del dialogo, delle prime cure sanitarie, dell'eventuale identificazione, seguirono una via violenta. E' quanto si legge nella sentenza della Corte d'Appello. Il ragazzo ha subito percosse anche quando lui gridava "aiuto, basta". La morte è avvenuta fra le 6 e le 6.15. Cinquantaquattro le lesioni riportate, il cuore non ha retto: la causa del decesso secondo l'autopsia è asfissia da compressione toracica.

Gli agenti - I poliziotti erano arrivati sul posto in seguito a una telefonata di una residente che si lamentava per gli schiamazzi. Al processo gli agenti - Enzo Pontani, Luca Pollastri, Paolo Forlani e Monica Segatto - hanno invocato la legittima difesa. Nel 2012 la Cassazione li ha tutti condannati per eccesso colposo in omicidio colposo in via definitiva, a 3 anni e 6 mesi di reclusione, pena in parte coperta dall'indulto. Finito di scontare la condanna, sono stati reintegrati in servizio visto che non c'è stata l'espulsione dal corpo di polizia. Resta per loro il risarcimento da pagare.

La madre e il caso Giovanardi - La madre del giovane, Patrizia Moretti, racconta come il dolore sia sempre con lei ma ha comunque deciso di ritirare le querele presentate nei confronti del senatore Carlo Giovanardi, dell'agente di polizia Paolo Forlani e del segretario del Coisp Franco Maccari. "Non è un perdono - dice -, penso che il dedicare anche solo alcuni minuti a persone che disprezzo sia un'imperdonabile perdita di tempo. Non voglio più doverli vedere né ascoltare o parlare di loro".

Il reato di tortura - Al caso Aldrovandi è legata anche la battaglia per l'introduzione del reato di tortura nell'ordinamento italiano. La proposta di legge è ferma in Parlamento dal 2013. Lo scontro principale è fra chi si oppone e chi sostiene la precisazione relativa alla posizione delle forze dell'ordine e ai pubblici ufficiali, da salvaguardare o per cui proporre pene più pesanti.

A Ferrara musica, parole e immagini per Federico - L'associazione intitolata a Federico ha organizzato a Ferrara una due giorni di musica, parole e immagini. Il 25 settembre al circolo Arci Bolognesi si inaugura la mostra "Licenza di tortura". Il 26 in Sala Estense si tiene un incontro sul reato di tortura, poi alle 18 in piazza municipale "Concerto per Federico", con Thomas Cheval al piano e, tra gli altri, Punkreas, Strike e 99 Posse.


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Corruzione e frodi per ottenere appalti per le mense scolastiche: 11 arresti

In manette imprenditori e amministratori pubblici del Napoletano per la gestione della refezione in alcune scuole delle province di Napoli, Avellino e Salerno

Corruzione e frodi per ottenere appaltiper le mense scolastiche: 11 arresti

I carabinieri hanno eseguito 11 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di imprenditori e amministratori pubblici, nel Napoletano. Le persone coinvolte sono accusate di aver fatto parte, a vario titolo, di una presunta associazione per delinquere che in maniera irregolare, attraverso corruzione, frodi e la promessa di posti di lavoro, ha ottenuto appalti per la fornitura di pasti in scuole delle province di Napoli, Avellino e Salerno.

Fra i reati ipotizzati, oltre all'associazione per delinquere, vi sono anche quelli di turbata libertà degli incanti, corruzione, rivelazione di segreti d'ufficio, frode in pubbliche forniture, falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale, estorsione e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.

Secondo gli elementi raccolti dagli investigatori, mediante l'intervento di amministratori e dirigenti pubblici, con la complicità di altre persone e la promessa di posti di lavoro per parenti e amici, il gruppo avrebbe ottenuto l'aggiudicazione di appalti per la fornitura di pasti in alcune scuole determinando l'esclusione dalle gare delle ditte concorrenti.


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Coppia uccisa a Pordenone, svolta nell'inchiesta: c'è un indagato

E' un 26enne amico di una delle vittime. Lo conferma il procuratore della città friulana che aggiunge: "Non possiamo dire altro, l'interessato ha già nominato un avvocato"

Coppia uccisa a Pordenone, svolta nell'inchiesta: c'è un indagato

Svolta nell'inchiesta sull'omicidio di Teresa Costanza e Trifone Ragone, la coppia di Pordenone uccisa il 17 marzo nel parcheggio di una palestra. Dopo sei mesi di indagini, un 26enne amico di Ragone è stato infatti iscritto nel registro degli indagati. Lo ha confermato il procuratore della città friulana, spiegando "di non poter aggiungere altro perché siamo in una fase molto delicata. Posso solo dire che l'interessato ha nominato un legale".

Secondo le ipotesi investigative, l'assassino avrebbe agito da solo, sparando sei colpi a bruciapelo alle vittime. Non è invece ancora chiaro il movente del delitto. Trentenne bocconiana e assicuratrice, lei era originaria di Milano; 29enne sottufficiale dell'esercito, pesista olimpico e modello, lui era di Bari.

L'indizio che avrebbe portato gli inquirenti a scrivere l'amico di Trifone nel registro degli indagati sarebbe, secondo il Corriere della Sera, il ritrovamento di un caricatore compatibile con l'arma del delitto, una pistola Beretta calibro 7.65 molto datata, risalente al periodo antecedente alla seconda guerra mondiale. Il caricatore è stato ritrovato la scorsa settimana sul fondale di un laghetto vicino al piazzale dove è stato compiuto l'omicidio: con tutta probabilità l'assassino se n'è disfato gettandolo nello specchio d'acqua dopo aver ucciso la coppia, e quindi è fuggito velocemente, riuscendo a dileguarsi prima della chiusura del cancello automatico del parco del laghetto, che si chiude alle 20. Mentre il delitto, secondo il perito, sarebbe stato commesso fra le 19.40 e le 19.50.


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